domenica 4 ottobre 2015

Impara l'arte e mettila da parte, dedicato al centro Don Orione


Oggi voglio condividere con voi l'amore per il teatro, facendovi leggere una testimonianza presa dal giornalino Don Orione nr.11, che ci fa riflettere su tanti pensieri mai espressi. Passione e gratitudine sfiorano il racconto toccante di Francesco Junior Di Volpe. Ho voluto condividere le sue parole nel mio blog, in modo che tutti possano apprezzare questa piacevole lezione di vita. 

"Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte" scriveva William Shakespeare nel XVI secolo. Nonostante siano passati tanti secoli, l'aforisma è di un'attualità disarmante. Non c'è cosa più bella del teatro se davvero si brama conoscenza e verità, non c'è cosa più bella del se si ha voglia di scoprire qualcosa in più di se stessi, sul proprio corpo, ma soprattutto sulla propria unicità. Il palcoscenico non è un semplice espediente fisico in cui rappresentare qualche simulacro della realtà, ma un "luogo sacro, in cui viene mostrato tutto ciò che è realmente: niente pudore, niente vergogna, ma solo verità. La cosa più interessante del teatro è il primo passo: tutto parte da lì e potrebbe addirittura finire lì. Se l'attore non mette piede sulla scena nel miglior modo possibile rischia davvero grosso. Questo in fondo, ce lo insegna anche la vita: quante prime volte abbiamo affrontato? E quante volte abbiamo sbagliato l'approccio iniziale per poi riprenderci a metà dell'opera? La prima volta è il così detto primo passo, sono momenti di grande ansia e paure. Io stesso ogni qualvolta che si tratta di cimentarsi in qualcosa di nuovo, ho il timore del primo passo e del primo approccio: insomma, ho l'eterna paura del numero uno.


Anche questa volta ho deciso di cimentarmi nel mondo del volontariato, ma soprattutto nel mondo del "teatro per disabili", ho avuto il timore di partire con il piede sbagliato di non essere all'altezza, ma alla fine come per consuetudine ho capito che non bisognava aver timore di nulla. Non c'è cosa più vera, le paure rappresentano i nostri limiti più grandi. 


Pensando al concetto di paura, ma soprattutto al concetto di unicità, ho cominciato a filosofare su un aforisma di Pirandello: " Mi conoscevano gli altri, ciascuno a modo suo, secondo la realtà che mi avevano dato; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io, non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano. Ogni giorno dovendo mostrare tante maschere diverse, ci dimentichiamo della nostra autenticità e quando si tratta ritrovarla per mostrarla agli altri incominciamo ad andare in tilt: avremmo così voglia di liberarci e di abbattere quelle barriere socio-culturali che rendono la nostra vita un eterno palcoscenico, ma il pudore e la reputazione, grandi amiche dalla paura sono molto più forti. In ogni caso, l'esperienza di poter calcare un piccolo palcoscenico con persone che quotidianamente definiamo "disabili", è stata per me motivo di grande orgoglio e un momento di pura e sana formazione. Mi piace accostare l'aggettivo "sano" a un termine così scontato quale è "formazione" perchè il volontariato è in grado di insegnarti tanto. 


A proposito di "sanità": in quel contesto, quello "sano" non ero certo io, con le mie paure e le mie ansie, con il timore di sbagliare o di bloccarmi a metà dell'opera. I disabili erano gli unici a non aver vergogna e ad apprendere tutto velocemente. Noi operatori invece, attimi di forti ansie. Eccome se ne abbiamo vissuti! Fortunatamente, l'adrenalina da palcoscenico si è tramutata in divertimento, in voglia di fare e l'immaginazione poi ha finalmente preso il sopravvento. Paradossalmente, il momento più bello è stato quello che ho temuto: il primo passo. E' stato proprio in quel momento, quando ho visto tutte quelle luci rivolte su di me e su Gabriele, che mi sono sentito finalmente vivo, carico e pieno di energia. Non so se in quel momento ero davvero un cane giocherellone, se ero al Don Orione o a Broadway, però so solo che mi sentivo finalmente a casa e che dalla scena non me ne volevo andare. Sperimentare la teatralità in un contesto nuovo, nel quale si dimostra la diversità in un'ottica non usuale, è qualcosa di straordinario. La disabilità e la diversità sono congetture errate dei tempi addietro che purtroppo continuano ad essere diffuse, congetture frutto dell'ignoranza che portano a screditare e denigrare ciò che si reputa "diverso". Impara l'arte e mettila da parte. Penso che più dell'arte sia arrivato il momento di mettere da parte il materialismo, le finte congetture, ma soprattutto la propria avidità, che continua a logorare incessantemente le anime di tanti uomini. Più di tanti master, di tante lauree e di tanti 30 e lode all'università, bisognerebbe brindare alle piccole cose che ci rendono persone vive, dal cuore generoso e dall'animo sincero.
 Frequentando il Centro Don Orione ho capito perchè "la carità salverà il mondo". 


Non c'è cosa più bella della sana formazione, così come del donarsi agli altri e vedere come piccoli gesti possono far star bene chi, in quel momento, ha bisogno della tua presenza. Ancora più bella è quella carità che non si basa sull'aiutare gli altri, ma nell'insegnare al bisognoso di essere in grado di fare tutto ciò che lui reputa un ostacolo. Grazie di vero cuore al Centro Don Orione per questa bellissima esperienza, ma in particolar modo a Don Giuseppe Valiante, ad Antonella per i suoi preziosissimi consigli, a Sonia e alla sua grandissima voglia di fare, a Elisabetta, Jiuly, Allegra, Giorgia, Veronica, ai ragazzi del Servizio Civile e a tutti quelli che hanno collaborato per la realizzazione di questa grandissima e bellissima macchina dell'arte.
Mi avete dato tanto e per questo vi ringrazio di vero cuore. 
Francesco Junior Di Volpe 

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di teatro, ma non ha prove iniziali. Canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca priva di applausi. Charlie Chaplin


Voglio farvi ascoltare un brano che mi piace tanto: Castle In the Snow (castello nella neve) è il nuovo singolo di The Avener con la voce straordinaria di Amina Cadelli dei Kadebostany. Il video è come una fiaba.  


"Siamo tutti visitatori di questo tempo, di questo luogo meraviglioso. Siamo solo di passaggio. Il nostro scopo qui è osservare, crescere, amare e lasciare una traccia."

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