martedì 27 ottobre 2015

Quanto darai, tanto riceverai




La vita è difficile,
ma tu rialzati!
La vita è amara,
ma tu rialzati!
La vita è un pugno chiuso,
ma tu rialzati!
La vita è dolcezza, amore, gioia,
goditela e non pensare!
Stephen Littleword

Quando una persona sta attraversando un momento difficile, l’ultima cosa che vuole sentirsi dire è che deve ignorarlo, che non ha importanza o che ci sono cose ben peggiori. Quello di cui ha bisogno è la comprensione, non che venga minimizzata la sua sofferenza.
Meno parole e più fatti
Nella vita, la maggior parte di noi deve affrontare una perdita importante, una notizia dolorosa, una malattia difficile da gestire o una situazione piuttosto scomoda.  Quello che ci aspettiamo dagli altri non sono frasi di circostanza, ma atteggiamenti che ci permettano di capire che abbiamo la loro comprensione e il loro sostegno.


È sbagliato sminuire la situazione, pensando di togliere un peso a chi sta soffrendo. Questo atteggiamento ha una componente ben più aggressiva perché cerca di eliminare o sminuire i sentimenti del tutto legittimi dell’altra persona. La cosa peggiore è che chi si comporta così in genere punta a disfarsi del dolore dell’altro per poter preservare la propria tranquillità.
Nella maggior parte dei casi, una persona che sta soffrendo vuole solo essere ascoltata, senza giudizi e con la massima attenzione. L’atto di ascoltare è il miglior modo per consolare chi soffre. Sapere che qualcuno è disposto ad accogliere questa sofferenza senza metterla in discussione alleggerisce il dolore.


Altre persone semplicemente non vogliono parlare di quello che sta capitando loro e sperano solo che gli altri rispettino il loro silenzio. In questi casi, evitare di parlare dell’argomento che è motivo di sofferenza è un modo di mostrare comprensione e offrire sostegno. Di sicuro non verrà interpretato come un gesto indolente, anzi, tutto il contrario.
Non esistono formule fatte per consolare una persona che soffre. Ognuno ha il suo modo particolare di affrontare il dolore e non manifesta la sofferenza allo stesso modo di fronte a tutte le circostanze della vita. L’unica condizione per consolare veramente una persona è mostrarsi genuinamente disponibili a farlo.
Consolare è fondamentalmente offrire compagnia, affetto, rispetto e sostegno. L’importante è dimostrare, attraverso gesti e atteggiamenti, di esserci per quella persona che sta in difficoltà. Che il suo dolore non ci fa paura e che siamo disposti ad accettarlo. Che la nostra decisione non cambia finché la tempesta continua.


 Non è mai sbagliato chiedere esplicitamente se possiamo essere d’aiuto in qualche modo. A volte ci sono necessità che non sono così evidenti o forse non diamo la giusta importanza ad azioni che invece potrebbero essere determinanti per chi si trova coinvolto in una situazione difficile.


Per quanto riguarda non solo i bambini, l’atto di consolare può essere anche piuttosto semplice, “basta una carezza, è un’azione più a livello corporeo”, come sostiene la psicoterapeuta Irmtraud Tarr, a quel punto i cervelli si sincronizzano.
Infine, cosa più importante, dobbiamo aprire il nostro cuore ai sentimenti e alle necessità della persona che sta soffrendo. È di grande conforto sapere che qualcuno ce la sta mettendo tutta per capirci. Consolare è un’arte e come qualsiasi forma di arte, richiede sensibilità, dolcezza e impegno.
(La mente è meravigliosa)


Nel mare puoi trovare centinaia di conchiglie differenti. Ma solo dentro te stesso potrai trovare la determinazione e la perseveranza per conquistare quelle pochissime perle preziose che si nascondono in quel mare.
E nonostante le tempeste e quando tutto sembrerà ormai perduto, c’è sempre la speranza, una forza incredibile e inaspettata che ti farà ricominciare e che soffierà lontano gli ostacoli e tutto quanto ti preoccupava e ti spaventava. Marcio Kühne

Il mio brano preferito è uno in particolare, "El Momento" di Jens Gad. Per chi l'avesse già sentito (gennaio 2014) mi perdoni, ma in questo periodo alla ricerca di equilibrio e nuove energie, quelle autunnali, è semplicemente indispensabile.  


La luna... Sueño contigo todas las noches, y de día te espero con toda mi alma, viviendo sólo para el momento en que yo pueda verte, amarte, cuidarte, quererte. Así espero el momento de nuestro encuentro. Si llegase por fin lo que tanto deseo y algun día te veo, mi soledad acabará y mi vida comenzará.


The sun, the moment the moon. I dream about you every night. And in the day I wait for you with all of my soul, living only...for the moment. The moon and the night, the day that I can see you, love you, and take care of you...care for you. That's how I wait  for the moment of our encounter. What I most desire...and when I finally see you, my solitude will end and my life will begin.











martedì 13 ottobre 2015

La felicità dipende solo da noi


Bisogna sempre guardare il lato luminoso della vita.
Non aver paura di soffrire,
non ci è mai dato peso così grande che il nostro cuore non possa sostenere.
Tutto è commisurato alla nostra forza e alla nostra grandezza.
Sii forte ce la farai!
Stephen Littleword



Durante un seminario per matrimoni, hanno chiesto a una donna:
- "Ti rende felice il tuo marito? Veramente ti rende felice?"
In quel momento il marito ha alzato leggermente il collo in segno di sicurezza: sapeva che sua moglie avrebbe detto di sì, perché lei non si è mai lamentata durante il suo matrimonio.
Tuttavia la moglie rispose con un sonoro:
- "no... Non mi rende felice"
Il marito la guardò con stupore, mentre la donna continuò il proprio discorso:
- "non mi rende felice... Io sono felice!
Che io sia felice o no non dipende da lui, ma da me.
Io sono l'unica persona da cui dipende la mia felicità.
Mi accorgo di essere felice in ogni situazione e in ogni momento della mia vita, perché se la mia felicità dipendesse da qualche persona, cosa o circostanza sulla faccia di questa terra, sarei in guai seri.
Tutto ciò che esiste in questa vita, cambia continuamente. L'essere umano, le ricchezze, il mio corpo, il clima, i piaceri, ecc. E così potrei continuare per ore, elencando una lista infinita.
Attraverso tutta la mia vita, ho imparato qualcosa;
Decido di essere felice e il resto lo chiamo ' esperienze ':
Amare,
Perdonare,
Aiutare,
Comprendere,
Ascoltare,
Consolare.
C'è gente che dice: "Non posso essere felice perché sono malata, perché non ho soldi, perché fa troppo caldo, perché qualcuno mi ha insultato, perchè qualcuno ha smesso di amarmi, perché qualcuno non mi ha considerato, ma quello che queste persone non sanno è che si può essere felici anche essendo malati, anche se si è troppo sudati, anche se si è senza soldi, anche se si riceve un insulto, anche se qualcuno non ci ha apprezzato.
La vita è come andare in bicicletta: cadi solo se smetti di pedalare.
Inizia la giornata con un sorriso e non lasciare che niente e nessuno la cancelli del tuo volto.
Essere felice è un atteggiamento!"

(fonte web)

Questo post è dedicato a tutti coloro che in questo periodo hanno bisogno di un sorriso, una mano per tirarsi sù, un pensiero, una melodia. Il sorriso non dobbiamo cercarlo per forza nella persona accanto, ma in qualsiasi cosa che ci rende felici.



Chi non si ricorda questa bellissima canzone ? Ho trovato un filmato di Gary Brooker,  cantante, pianista e compositore britannico, noto soprattutto per aver fondato il complesso rock progressivo Procol Harum.  Questo è uno dei più belli, il brano cult, l'indimenticabile "A Whiter Shade of Pale"  con il coro del Danish National Concert Orchestra a Ledreborg Castle, Danimarca Agosto 2006. Godetevi questo spettacolo e lasciatevi incantare per pochi intensi minuti! 


 Il video con questo grande musicista è toccante, emozionante e fa venire i brividi. Mi piacciono i vari commenti sul web: 
Lar M 
 I think J.S. Bach must be living inside Mr Harum. Such a profound and touching song lasting for almost 5 decades and more to come.
Roxanna P “roxe53” 
 fantastica...intramontabile....
indescrivibili le emozioni che suscita..."La sua segreta corrente vibra tra 
il cuore di colui che canta e l’anima 
di colui che ascolta" (Kahlil Gibran)
Susie Reynolds 
 She said, I'm home on shore leave, 
Though in truth we were at sea
So I took her by the looking glass
And forced her to agree
Saying, you must be the mermaid
Who took neptune for a ride.
But she smiled at me so sadly
That my anger straightway died




  

domenica 4 ottobre 2015

Impara l'arte e mettila da parte, dedicato al centro Don Orione


Oggi voglio condividere con voi l'amore per il teatro, facendovi leggere una testimonianza presa dal giornalino Don Orione nr.11, che ci fa riflettere su tanti pensieri mai espressi. Passione e gratitudine sfiorano il racconto toccante di Francesco Junior Di Volpe. Ho voluto condividere le sue parole nel mio blog, in modo che tutti possano apprezzare questa piacevole lezione di vita. 

"Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte" scriveva William Shakespeare nel XVI secolo. Nonostante siano passati tanti secoli, l'aforisma è di un'attualità disarmante. Non c'è cosa più bella del teatro se davvero si brama conoscenza e verità, non c'è cosa più bella del se si ha voglia di scoprire qualcosa in più di se stessi, sul proprio corpo, ma soprattutto sulla propria unicità. Il palcoscenico non è un semplice espediente fisico in cui rappresentare qualche simulacro della realtà, ma un "luogo sacro, in cui viene mostrato tutto ciò che è realmente: niente pudore, niente vergogna, ma solo verità. La cosa più interessante del teatro è il primo passo: tutto parte da lì e potrebbe addirittura finire lì. Se l'attore non mette piede sulla scena nel miglior modo possibile rischia davvero grosso. Questo in fondo, ce lo insegna anche la vita: quante prime volte abbiamo affrontato? E quante volte abbiamo sbagliato l'approccio iniziale per poi riprenderci a metà dell'opera? La prima volta è il così detto primo passo, sono momenti di grande ansia e paure. Io stesso ogni qualvolta che si tratta di cimentarsi in qualcosa di nuovo, ho il timore del primo passo e del primo approccio: insomma, ho l'eterna paura del numero uno.


Anche questa volta ho deciso di cimentarmi nel mondo del volontariato, ma soprattutto nel mondo del "teatro per disabili", ho avuto il timore di partire con il piede sbagliato di non essere all'altezza, ma alla fine come per consuetudine ho capito che non bisognava aver timore di nulla. Non c'è cosa più vera, le paure rappresentano i nostri limiti più grandi. 


Pensando al concetto di paura, ma soprattutto al concetto di unicità, ho cominciato a filosofare su un aforisma di Pirandello: " Mi conoscevano gli altri, ciascuno a modo suo, secondo la realtà che mi avevano dato; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io, non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano. Ogni giorno dovendo mostrare tante maschere diverse, ci dimentichiamo della nostra autenticità e quando si tratta ritrovarla per mostrarla agli altri incominciamo ad andare in tilt: avremmo così voglia di liberarci e di abbattere quelle barriere socio-culturali che rendono la nostra vita un eterno palcoscenico, ma il pudore e la reputazione, grandi amiche dalla paura sono molto più forti. In ogni caso, l'esperienza di poter calcare un piccolo palcoscenico con persone che quotidianamente definiamo "disabili", è stata per me motivo di grande orgoglio e un momento di pura e sana formazione. Mi piace accostare l'aggettivo "sano" a un termine così scontato quale è "formazione" perchè il volontariato è in grado di insegnarti tanto. 


A proposito di "sanità": in quel contesto, quello "sano" non ero certo io, con le mie paure e le mie ansie, con il timore di sbagliare o di bloccarmi a metà dell'opera. I disabili erano gli unici a non aver vergogna e ad apprendere tutto velocemente. Noi operatori invece, attimi di forti ansie. Eccome se ne abbiamo vissuti! Fortunatamente, l'adrenalina da palcoscenico si è tramutata in divertimento, in voglia di fare e l'immaginazione poi ha finalmente preso il sopravvento. Paradossalmente, il momento più bello è stato quello che ho temuto: il primo passo. E' stato proprio in quel momento, quando ho visto tutte quelle luci rivolte su di me e su Gabriele, che mi sono sentito finalmente vivo, carico e pieno di energia. Non so se in quel momento ero davvero un cane giocherellone, se ero al Don Orione o a Broadway, però so solo che mi sentivo finalmente a casa e che dalla scena non me ne volevo andare. Sperimentare la teatralità in un contesto nuovo, nel quale si dimostra la diversità in un'ottica non usuale, è qualcosa di straordinario. La disabilità e la diversità sono congetture errate dei tempi addietro che purtroppo continuano ad essere diffuse, congetture frutto dell'ignoranza che portano a screditare e denigrare ciò che si reputa "diverso". Impara l'arte e mettila da parte. Penso che più dell'arte sia arrivato il momento di mettere da parte il materialismo, le finte congetture, ma soprattutto la propria avidità, che continua a logorare incessantemente le anime di tanti uomini. Più di tanti master, di tante lauree e di tanti 30 e lode all'università, bisognerebbe brindare alle piccole cose che ci rendono persone vive, dal cuore generoso e dall'animo sincero.
 Frequentando il Centro Don Orione ho capito perchè "la carità salverà il mondo". 


Non c'è cosa più bella della sana formazione, così come del donarsi agli altri e vedere come piccoli gesti possono far star bene chi, in quel momento, ha bisogno della tua presenza. Ancora più bella è quella carità che non si basa sull'aiutare gli altri, ma nell'insegnare al bisognoso di essere in grado di fare tutto ciò che lui reputa un ostacolo. Grazie di vero cuore al Centro Don Orione per questa bellissima esperienza, ma in particolar modo a Don Giuseppe Valiante, ad Antonella per i suoi preziosissimi consigli, a Sonia e alla sua grandissima voglia di fare, a Elisabetta, Jiuly, Allegra, Giorgia, Veronica, ai ragazzi del Servizio Civile e a tutti quelli che hanno collaborato per la realizzazione di questa grandissima e bellissima macchina dell'arte.
Mi avete dato tanto e per questo vi ringrazio di vero cuore. 
Francesco Junior Di Volpe 

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di teatro, ma non ha prove iniziali. Canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca priva di applausi. Charlie Chaplin


Voglio farvi ascoltare un brano che mi piace tanto: Castle In the Snow (castello nella neve) è il nuovo singolo di The Avener con la voce straordinaria di Amina Cadelli dei Kadebostany. Il video è come una fiaba.  


"Siamo tutti visitatori di questo tempo, di questo luogo meraviglioso. Siamo solo di passaggio. Il nostro scopo qui è osservare, crescere, amare e lasciare una traccia."